Con sentenza n. 148 del 26 febbraio 2024, il CGA ha accolto le difese del Comune di Licata, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Francesco Fidone, rigettando un gravame riguardante un diniego di condono edilizio.
In particolare, il Giudice Amministrativo di appello ha affermato che “le ricorrenti non possono vantare la proprietà di un bene che era già transitato nel patrimonio comunale prima dell’apertura della successione ereditaria e, quindi, quando l’autore dell’abuso era ancora in vita. Né, peraltro, può ritenersi che le medesime non fossero a conoscenza della circostanza, essendo stata la predetta nota contemplante il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale trascritta dal Comune di Licata nei registri immobiliari in data xxx ai numeri xxx R.G. e xxx reg. part.. Di conseguenza, il ricorso di primo grado, come anche l’istanza di riesame del diniego di condono precedentemente emanato dal Comune di Licata nei confronti del de cuius sono inammissibili per difetto di legittimazione passiva”.
La pronunzia si esprime anche su alcuni aspetti di carattere processuale.
In primo luogo, il CGA ha ritenuto ammissibile l’eccezione di carenza di legittimazione proposta dal Comune di Licata, pur non essendo la stessa stata proposta nel giudizio di primo grado, in quanto “riguarda le condizioni dell’azione e, quindi, una questione rilevabile dal giudice d’ufficio. Come noto, infatti, il divieto di domande o eccezioni nuove in appello ex art. 104, comma 1, c.p.a. si applica solo all’originario ricorrente, poiché soltanto a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello; viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, ossia non rilevabili d’ufficio, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione, il cui accoglimento determina l’interesse a formulare ogni censura volta ad ottenere la riforma della sentenza in sede d’appello (Consiglio di Stato, sez. II, 06/04/2021, n. 2778 e Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2020, n. 8475). Trattandosi, dunque, di un’eccezione rilevabile d’ufficio, il divieto dei nova in appello non osta alla sua ammissibilità, come, peraltro, neanche l’eventuale formazione di un giudicato implicito da escludersi nel caso in esame. Ed invero, in assenza di una statuizione esplicita sul punto da parte della sentenza, l’esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado non può ritenersi che siano oggetto di un giudicato implicito, preclusivo della deduzione officiosa della questione; il divieto del c.d. ius novorum in appello non si estende, infatti, alle eccezioni ed alle questioni processuali rilevabili anche d’ufficio, quali quelle di irricevibilità, inammissibilità od improcedibilità e la possibilità di sollevare per la prima volta in appello un’eccezione o preclusione processuale rilevabile d’ufficio comporta, coerentemente, la possibilità di allegare e provare i fatti ad essa sottostanti (in termini Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4; Cons. Stato, sez. III, 13 agosto 2018, n. 4914; Consiglio di Stato, sez. V, 22/07/2019, n.5116)”.
Anche la produzione documentale effettuata per la prima volta in appello è stata ritenuta ammissibile: “la documentazione comprovante la fondatezza dell’eccezione sollevata dal Comune di Licata, pur essendo stata prodotta per la prima volta in appello, è ammissibile poiché, come detto, il divieto di nova in appello (ai sensi dell’art. 104 c.p.a.) riguarda il solo ricorrente in primo grado, e non le altre parti del processo, le quali potrebbero pure non essersi costituite nel grado precedente: sicché, in linea di principio, queste ultime possono far valere in sede di appello qualunque motivo ritengano utile per contestare le conclusioni loro sfavorevoli cui sia giunta la sentenza impugnata. Considerato, dunque, che l’Amministrazione comunale non si era costituita in primo grado e che in appello ha la facoltà di difendersi entro il thema decidendum proponendo nuove eccezioni ed allegando documenti nuovi, la predetta documentazione è ammissibile. Pertanto, in rettifica della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado, come anche l’appello, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione delle ricorrenti”.
Parte ricorrente è stata condannata alla rifusione delle spese processuali in favore del Comune di Licata.